Ma scrivi come parli!

Cos’è e come funziona L’Internazional Phonetic Alphabet

Una scrittura alfabetica ingannevole

Oggi per cominciare facciamo un ripasso veloce di quello che la maestra ci ha insegnato alle elementari. Non sarà difficile, ripetete con me: “i Fenici inventarono il sistema di scrittura alfabetico, che permette di associare a un unico suono un unico simbolo”. Ah, beati Fenici, se non fosse stato per loro oggi per prendere appunti all’università dovremmo ancora disegnare immagini colorate o infilare cunei in tavole d’argilla.

Però, aspettate un secondo: se davvero a un unico suono corrisponde un unico simbolo… come spieghiamo che per scrivere gnomo dobbiamo combinare g di giraffa e n di nano? E come la mettiamo con pesca che pur rimanendo inalterata nella grafia ha due pronunce e i relativi significati ben diversi? Per non parlare poi del confronto tra lingue: la lettera che in italiano si legge in un modo è molto spesso completamente diversa in inglese.

Dobbiamo dare atto alla nostra maestra che effettivamente la questione sarebbe stata un po’ troppo complessa per la nostra età, quindi quando ci ha spiegato la lezione ha necessariamente dovuto semplificare. Ora però proviamo ad approfondire.

Verba volant, scripta manent

Possiamo sicuramente chiederci perché fare lo sforzo di inventare un alfabeto fonetico e poi non farlo corrispondere al 100% ai suoni della lingua. È una scelta quantomeno poco funzionale.
Il problema risiede nel fatto che come la lingua cambia, anche la scrittura lo fa, ma in tempi notevolmente diversi e le due sorelle a volte prendono strade diverse, allontanandosi anche di molto.

Certo noi immaginiamo che, almeno negli intenti iniziali, la scrittura alfabetica avesse come obiettivo quello di rendere univoca la relazione tra grafema (unità minima della scrittura) e fonema (unità minima relativa ai suoni di una lingua); ma siamo costretti ad immaginarlo, poiché nessun fenicio ci ha lasciato un vocale di whatsapp e a noi rimane come fonte solo ciò che è scritto.

Già prendendo in considerazione il latino però troviamo le prime incongruenze: il grafema V, ad esempio, è usato sia per la parola VIR (‘vir’) sia per AVGVSTVS (‘augustus’).

Rimaniamo sul latino e seguiamo le strade di scrittura e pronuncia con una parola che anche chi non ha dimestichezza con le lingue classiche non faticherà a riconoscere: gratia (‘grazia’).

Senza ombra di dubbio inizialmente la pronuncia di gratia era proprio come la leggeremmo noi ora, con la t di Torino, ma con il tempo verba volant e già nel medioevo la parola si pronunciava grazia, come il termine del nostro italiano contemporaneo. La scrittura invece è dura a cambiare, serve che le grammatiche si aggiornino, e per questo motivo per secoli si è continuato a scrivere ti per indicare il suono che oggi indichiamo con zi, almeno finché, appunto, le norme della grafia non sono state aggiornate dai grammatici.

Credetemi poi quando vi dico che con l’italiano siamo fortunati. Quante volte da ragazzi a scuola ci siamo lamentati dell’impossibilità di leggere in modo semplice e chiaro i testi del libro di inglese? Sul perché ci sia così tanta differenza tra la pronuncia e la scrittura in questo caso potrei scrivere pagine e pagine, ma non è questo il momento. Ci basti sapere che le motivazioni non sono totalmente interne alla lingua e sono da ricondurre invece per lo più a questioni storiche, culturali e sociolinguistiche.

Un alfabeto degno del suo nome

Immaginate l’imbarazzo dei primi linguisti quando alla fine del XIX secolo cominciarono a studiare la fonetica delle lingue e si trovarono privi di un sistema per scrivere in modo inequivocabile i suoni. È anche per questo che negli anni ‘80 dell’Ottocento nacque l’Associazione Fonetica Internazionale a Parigi e si iniziò a pensare ad un alfabeto internazionale che associasse un solo segno grafico ad ogni suono di qualsiasi lingua.

Dopo un secolo di studi si è arrivati all’International Phonetic Alphabet (IPA) che raccoglie tutti i suoni vocalici e consonantici di ogni lingua divisi in base al modo e alla posizione di articolazione. Per comodità poi ogni lingua seleziona solo i fonemi che le interessano, visto che molti non sono comuni a tutte.

Se volete sapere quali sono i simboli dell’IPA relativi all’italiano, eccoli in queste tabelle con degli esempi per capire a quale fonema si riferiscono.

Ve ne siete accorti? Esistono suoni di cui neanche sappiamo l’esistenza, pur essendo magari di madrelingua italiana!

Per i più coraggiosi aggiungo ancora un paio di regole per l’utilizzo dell’alfabeto fonetico internazionale:
1. La sillaba accentata è indicata con un apice (‘) posto prima di essa.
2. I fonemi geminati (cioè le doppie) si indicano con il simbolo dei due punti (:). Attenzione: alcuni fonemi sono sempre geminati, anche quando noi non lo esplicitiamo con l’alfabeto tradizionale.

Perché conoscere l’IPA?

Potrebbe sembrare inutile conoscere l’IPA per un non addetto ai lavori: abbiamo regole ortografiche che risolvono i problemi di non corrispondenza tra suono e simbolo. Ma se per l’italiano ci può essere utile nel caso in cui si voglia migliorare la propria dizione, conoscere l’alfabeto fonetico dei suoni relativi ad una lingua che stiamo studiando può diventare determinante per aiutarci nella pronuncia.
L’universalità di questo alfabeto diventa davvero vincente, infatti, nel confronto tra lingue diverse, anche quelle che non vengono scritte di norma con i caratteri latini.
Quindi ecco un consiglio: comprate sempre dizionari che riportino la trascrizione della parola con l’IPA.

Bene, ora parte la sfida: commentate scrivendo il vostro nome con l’IPA!


Una nota finale: questo è rivolto a coloro che non hanno mai studiato linguistica, molte delle questioni sono quindi state necessariamente semplificate.

Trovate un buon dizionario fonetico qui (Dizionario di pronuncia italiana online).

Per approfondire:
– Gaetano Berruto, Massimo Cerruti, La linguistica, Utet università, 2017.
– Luca Serianni, Giuseppe Antonelli, Manuale di linguistica italiana – Storia, attualità, grammatica, Bruno Mondadori, 2011.

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